Alla fine, la Juve ce l'ha fatta. Con le unghie, con i denti, con l'orgoglio, con Ranieri. Anche con un piede, quello di Samuel, che ha permesso che la zampata scagliata da Camoranesi a 13 minuti dalla fine si trasformasse nel gol che vale almeno una mezza vendetta. L'Inter ha compiuto l'errore di non mandare sott'acqua la rivale vogliosa di regolare i conti dopo avere avuto più di una occasione, specie nella ripresa, per compiere il delitto perfetto: non ci è riuscito soprattutto Ibrahimovic, apparso più che disturbato, alla faccia delle parole della vigilia, dai fischi e dagli insulti di un intero stadio. Mancini mastica amaro, anche perchè la squadra era stata invece fredda e spietata nella prima parte, quando aveva contenuto senza grandi affanni la voglia matta di una Juve tutta nervi e gambe. Coraggiosa, la Signora, coraggioso Ranieri che ha puntato tutto sulla muscolarità a centrocampo (con Nocerino principale testimonial) e su una squadra corta, forse troppo. Difesa alta e ricerca insistita del fuorigioco: una scelta di cui Ranieri ha rischiato di rimanere vittima, visto che è stata puntualmente punita da Cruz al 41' e graziata in un altro paio di occasioni da Ibrahimovic e Cesar. Col senno di poi, inoltre, il tecnico romano ha rischiato di scontare anche il pagamento di un debito, quello della riconoscenza dovuta a Del Piero e Nedved, i due simboli di gloria, caduta e rinascita juventina. Non potevano e non dovevano rimanere esclusi da una serata come questa. I due senatori, in un contesto estremamente fisico e dinamico, sono però stati totalmente avulsi dalla manovra bianconera, portata per mano fino alle soglie dell'area nemica da Palladino, protagonista di una prova che attesta il suo definitivo salto di qualità. A metà ripresa, il tempo della prestigiosa coppia era abbondantemente scaduto, così come stava per scadere quello della Juventus, ancora in partita grazie a Buffon, all'attenzione del guardalinee che annulla -correttamente- il 2-0 di Cambiasso, alla scarsa lucidità di Ibra e dei suoi soci. Dentro, allora, i centimetri di Iaquinta e il pepe di Camoranesi: sette minuti bastano e avanzano per dare la scossa decisiva, confezionare la palla buona per Trezeguet (serataccia anche per lui) e poi provvedere direttamente, anche se con il decisivo intervento di Samuel, all'1-1 che consente allo sterminato popolo bianconero di non dovere ulteriormente soffrire di dolori al fegato nel sentire pronunciare la parola "Inter". Per questa notte, è più che sufficiente questo. Da lunedì in poi, magari, i fidanzati della Signora capiranno quanto il vero risultato del duello sia la continuazione di un sogno apparentemente impossibile, quello dello scudetto numero 28, orgogliosamente mostrato (insieme al "gemello" revocato) da uno striscione in curva. Se ne riparlerà a San Siro, al ritorno: per la Juve, sarebbe già una grande vittoria.
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